Case sugli alberi: Volete vedere la casa di Roxanne? O conoscere Julia “Butterfly” Hill, la ragazza che me ne ha ispirato il personaggio?

dbeeef34411cb57d2502b05076fdcd8cEbbene sì: uno dei miei più grandi desideri è sempre stato quello di abitare in una casa sull’albero… O almeno avere un rifugio dove andare ad appollaiarmi a scrivere o semplicemente a contemplare la natura intorno.

Dove in USAVisto il successo che le capanne sugli alberi riscuotono nei fumetti e nei libri, credo di non essere l’unico a fantasticare con questo sogno… Ho detto sogno apposta, perché purtroppo in Italia è raro trovare alberi abbastanza grandi da poterci ospitare senza sforzo. Negli Stati Uniti d’America, invece, si trovano vari ambienti ideali (per esempio in California, evidenziata in rosso nella figura a fianco) ed è proprio in uno di questi ambienti che il personaggio di Roxanne ha creato Serendipitree, la sua riserva naturale.
Occasionalmente mi capita di saltabeccare sui siti Internet alla ricerca di belle immagini e fantasticare un po’. Proprio in una di queste occasioni mi sono imbattuto nella capanna che mi ha ispirato per l’abitazione di Roxanne. Eccola qua sotto!

RoxanneNon vi sembra di vedere Crystal, Pumpkin e Adam affacciarsi dalla balconata? E Douglas sbirciare, al sicuro dalle vertigini, attraverso i vetri della finestra?
Se invece volete vedere la passerella che porta alla capanna/sgabuzzino, eccola!

Sgabuzzino Roxanne

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La ragazza sull'alberoLa figura di Roxanne è ispirata a Julia “Butterfly” Hill, famosa in tutto il mondo per aver salvato un albero, più precisamente una sequoia di una foresta nel Nord della California. A seguire ho incollato un paio di interviste che ne testimoniano la straordinaria esperienza. Chi desiderasse saperne di più, può cercare in biblioteca il libro La ragazza sull’albero. L’incredibile avventura di una giovane donna e la sua battaglia per salvare la foresta di Julia Butterfly Hill, edizioni Tea, 2002; oppure edizioni Corbaccio, 2000.

 

 

Guarda la prima parte del documentario su Julia:

INTERVISTE A JULIA BUTTERFLY HILL

I INTERVISTA (a cura di Filippo Golia)

Nel dicembre 1997, a 23 anni, Julia “Butterfly” Hill si è arrampicata in cima a una sequoia, battezzata Luna, per protestare contro l’abbattimento di una foresta di alberi millenari nel nord della California da parte della Pacific Lumber, una società nel settore della raccolta del legname. Ne è discesa solo 2 anni dopo, avendo raggiunto con la Pacific Lumber un accordo di grande valenza simbolica, per la conservazione di Luna e degli alberi circostanti. Durante tutto questo periodo ha vissuto su una piccola e traballante piattaforma a circa sessanta metri di altezza, in balia delle tempeste, degli elicotteri della Pacific Lumber e dei suoi agenti di sicurezza che impedivano il passaggio dei rifornimenti. Questo libro è la storia della sua avventura.
Julia Butterfly Hill è famosa in tutto il mondo per aver salvato un albero. Più precisamente una sequoia di una foresta nel Nord della California e l’area circostante. L’albero, molto antico, stava per essere abbattuto dalle seghe elettriche della compagnia Pacific Lumber: Julia è salita sulla pianta nel 1997 e ne è discesa due anni dopo.
A Roma per l’iniziativa “pannello ecologico”, in favore del riciclaggio del legno, le abbiamo fatto alcune domande sulla sua esperienza e su cosa significhi viaggiare rispettando l’ambiente.

Lei ha speso due anni nel silenzio delle fronde di un albero. Che effetto le fa adesso il “casino” della fama e di una militanza seguita in tutto il mondo?
“Normalmente sono un persona molto riservata e quindi essere una celebrità per me è difficile. Ma vedo in questa fama anche una grande possibilità di indicare alle persone cosa sia davvero importante nella vita. E la celebrità non è importante. È solo uno strumento per comunicare idee utili e metterle sotto un riflettore.”

Lei ha un sito Internet, ha scritto libri. Quale è il suo atteggiamento verso la modernità?
“La specie si è evoluta fin dall’inizio dei tempi e la tecnologia fa parte dell’evoluzione. Ma la tecnologia non è solamente potere, dipende da cosa ne fanno gli uomini. Anche per il riciclaggio, anche per quello del legno, si usano tecnologie. Vale anche per i computer. Sono un mezzo potentissimo, ma è necessario che chi li produce li possa riprendere indietro al momento giusto. Attualmente molti vecchi computer sono semplicemente gettati via.”

Come dovremmo comportarci nei confronti dei sensi di colpa che nascono in ognuno per le catastrofi ambientali, di cui è difficile non sentirsi responsabili?
“Non mi piacciono i sensi di colpa. La colpa è il contrario dell’agire. Vorrei che le persone si impegnassero, facessero qualcosa. Inutile sentirsi in colpa. Riguardo a quanto accade, per esempio la vicenda della mucca pazza, ci si può anche sentire malissimo. Ma c’è una sola sensata cosa da fare: diventare vegetariani.”

La domanda a cui volevo arrivare è un’altra. Nell’ottica di un ecologista impegnato, che valore ha l’atto del viaggiare?
“Penso che avere la possibilità di attraversare lo spazio e recarsi in un posto faccia nascere il desiderio di proteggere quel luogo. È successo così anche per me. Se non avessi mai visto la foresta di sequoie in California, non mi sarebbe mai venuta voglia di arrampicarmi in cima a un albero per impedire che venisse tagliato. Quindi, dobbiamo essere consapevoli dei problemi che ci circondano, e quando abbiamo l’occasione di vedere qualcosa è meglio partire. Ci aiuta ad impegnarci. Certo, quando si viaggia bisogna farlo con molta attenzione.”

In che modo, precisamente?
“Cominciando col ricordarci quanto sono speciali i posti che vediamo.”

Un posto speciale per te, dopo Luna, la quercia che hai salvato dall’abbattimento?
“L’Italia, con le sue fontane, i parchi e i palazzi antichi. È un posto unico. Ma credo che molti italiani diano il tutto per scontato e non vi prestino abbastanza attenzione. Prima dobbiamo ricominciare ad apprezzare il posto in cui ci troviamo per poter apprezzare davvero un viaggio.”

Le regole di un sano ecoturismo?
“Viaggiare in modo semplice invece che in modo stravagante. Spendere poco invece che passare tutto il tempo a fare acquisti. Non gettare la propria spazzatura in giro.”

Mi potresti descrivere, ad uso dei viaggiatori che ci leggono, la foresta che hai contribuito a salvare in California?
“Innanzitutto in California gli alberi sono alti dai duecento ai trecento piedi, cioè circa 70 metri. Hanno un diametro che va dai 15 ai 30 metri, che vuol dire circa venti persone che si tengono per mano in cerchio. Hanno un’età di due o trecento anni. Quindi sono più antichi di alcuni dei bei palazzi che si possono trovare in Italia. Quando si cammina attraverso la foresta tutto è così verde perché si tratta di una foresta pluviale, c’è muschio dovunque. È come a teatro, dove c’è velluto rosso dappertutto. Nella foresta delle sequoie (sequoia in inglese si dice redwood, cioè legno rosso, Ndr) quel velluto è verde. L’aria è così pura che la si può sentire sulla lingua e sa di dolce. E l’acqua delle sorgenti è limpida e potabile…”

E allora consiglieresti ai turisti di recarsi in questo luogo, lo consiglieresti a una gran quantità di persone?
“Ci sono zone che sono state istituite a Parco Naturale (Sequoia National Park, Yosemite National Park, Death Valley National Park Ndr.), dove le persone possono recarsi. Anche semplicemente visitare queste zone è un’esperienza che può cambiare la vita di chiunque. Ma suggerirei che nessuno si recasse nelle parti più recondite della foresta, perché quelle sono per gli animali che hanno bisogno di una casa e della propria intimità. Per me questo diritto di proprietà significa maggiore responsabilità: non possedere la terra e poterne disporre a piacimento, ma avere il dovere di esserne buoni custodi. E non si può essere buoni custodi se si distruggono gli alberi che ci danno l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo, garantiscono stabilità al terreno e al clima; se si distruggono le risorse della Terra che rappresentano il nostro futuro. Quando siamo testimoni di un’ingiustizia spesso non facciamo nulla perché abbiamo paura di perdere qualcosa, l’approvazione degli altri, per esempio; abbiamo paura di essere derisi o criticati; abbiamo paura di perdere le nostre comodità e i nostri agi. La disobbedienza civile è uno degli strumenti più efficaci in tutti i campi, dal sociale all’ambientale. Significa riconoscere che le leggi sono fatte da esseri umani, che, in quanto tali, possono commettere errori. Vivere in basi a leggi ingiuste vuol dire consentire che vengano perpetrate ingiustizie. Prendere posizione in favore di leggi superiori è la strada per ottenere un cambiamento. Ed è proprio con la disobbedienza civile che è stata realizzata la maggior parte dei cambiamenti nella storia dell’Umanità.”

Nei due anni di convivenza quotidiana con Luna, Julia ha potuto assumere una nuova prospettiva nei confronti della Vita e di tutti gli esseri viventi, ritrovando le radici di un’antica comunione tra l’Umanità e il resto della Creazione.
“Molte persone, sentendo che ho comunicato con un’albera, penseranno che io sia pazza – spiega ancora alla platea – in realtà, se riscoprissero le radici della loro cultura vi ritroverebbero la comunicazione con la Terra, gli alberi e gli animali. Quando noi esseri umani abbiamo deciso che questi altri esseri viventi non potevano comunicare con noi abbiamo cominciato a distruggerli. Oggi viviamo in un mondo che ci ha insegnato a dimenticare il nostro cuore, il nostro spirito, le nostre emozioni, il nostro profondo legame con la Vita. Ci ha insegnato a vivere nella mente soprattutto, ma ciononostante non riusciamo a pensare veramente. Così le cose che hanno un valore reale vengono trascurate o sminuite, mentre si favoriscono quelle che vengono solamente percepite come cose di valore, per esempio i soldi. Per ritornare a vivere in equilibrio bisogna tornare a includere il cuore e lo spirito nella nostra vita, anche nella politica e nella scienza.”

Insieme ad altre persone, Julia ha creato la Circle of Life Foundation e continua a dedicarsi alla protezione delle foreste e della Vita. Da quando è scesa dalla sequoia che ha protetto per oltre due anni non ha smesso di lavorare intensamente, di parlare con i giovani, con gruppi ambientalisti, politici, a conferenze, festival, concerti rock e nelle chiese. Aveva cominciato questo lavoro di comunicazione già su Luna e continua a farlo. Lavora con tutte queste persone e gruppi diversi perché la Terra su cui viviamo è una sola.
“La guarigione della nostra Terra deve cominciare dentro di noi per estendersi a tutte le sue parti in questo processo, la diversità è un’enorme ricchezza da valorizzare, che ci può consentire di trovare soluzioni creative per il bene comune.”

Così continua a raccontare al mondo la sua storia. Infatti quella di Julia non è la storia della donna che ha salvato un albero vivendoci per due anni ma la storia dei motivi per cui l’ha fatto e vuole dare un messaggio: ciascuno e ciascuna di noi può fare la differenza e cambiare le cose. Un messaggio che ama rivolgere in particolare alle bambine e ai bambini, come ha fatto alla Festa dell’Albero a Mantova organizzata dal Consorzio Pannello Ecologico che si occupa di mobili in legno riciclato.
“Salvare gli alberi significa semplicemente non abbatterli. Questo è il punto: se impariamo ad usare e ri-usare ciò che la natura ci ha già dato (o che in alcuni casi le abbiamo rubato) non ci sarà più bisogno di infierire su Essa. Riciclare significa amare la natura, riciclare il legno significa preservare gli alberi. L’uomo può fare molto per la salvaguardia dell’ambiente. La tecnologia può essere distruttiva: è lo stile adottato dalla Pacific Lumber, che usa motoseghe lunghe più di due metri per abbattere alberi. E impiega enormi elicotteri per raccogliere tronchi, martoriando con le loro eliche intere colline, o per sparare fuoco liquido, il napalm, nelle zone appena disboscate in modo che, dall’alto, non sembrino tali. Ma per fortuna c’è l’altra faccia della medaglia: la tecnologia può essere usata nel rispetto delle persone e delle cose. Riutilizzare le risorse, per esempio. In Italia, a Mantova, c’è il Consorzio Pannello Ecologico, che raggruppa numerose aziende che impiegano solo legno riciclato per realizzare mobili. Un’iniziativa che da sola permette di salvare 8.000 alberi al giorno. Quasi 3 milioni di alberi ogni anno.”

II INTERVISTA 

“Insieme possiamo cambiare il mondo.” È questa la dedica che Julia mi lascia sul libro, col disegno di una foglia che si aggancia alla lettera finale del mio nome ed una farfalla che chiude il suo cognome. E’ un cerchio simbolico che si chiude e Julia ne sa qualcosa visto che la Fondazione che ha creato dopo l’esperienza sulla sequoia l’ha chiamata “Cerchio della vita”. Ci conoscevamo solo per posta elettronica, visto che ho lavorato per la trasmissione di Licia Colò, “King Kong” che l’ha intervistata in diretta quando era ancora sulla piattaforma sopra Luna, a sessanta metri d’altezza. Ci vuole una grinta incredibile per fare Julia Butterfly e gli occhi penetranti e il fisico atletico raccontano la sua storia. Va sempre in giro con una specie di thermos da dove beve del succo di frutta perché è contraria all’usa e getta. Blocca la troupe della Rai prima di un’intervista perché non gli viene spiegato a sufficienza l’uso del filmato, teme uno sfruttamento commerciale della sua immagine. Si affanna a spiegare che il libro, sia la versione originale che ogni possibile traduzione, è stato stampato su carta riciclata e sbiancata senza cloro e che i proventi vanno alle cause che le stanno a cuore.

Come hai trovato la forza di sopportare così a lungo le pressioni psicologiche, la solitudine, i boscaioli?
Quest’esperienza mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto guardare le cose in modo diverso. Quando sei lassù, tutto cambia. Potevo vedere benissimo sia la bellezza che mi circondava che il disastro che si stava compiendo.

C’è stato un momento nel quale ti è sembrato come di morire?
Beh, a dir la verità, sono stata davvero a un passo dalla morte, non era esattamente una sensazione, ma una realtà. Un giorno d’inverno, il tempo è cambiato improvvisamente, il vento è arrivato a 140 chilometri all’ora ed è scoppiata una tempesta. Ho avuto davvero paura, certo, ma ero e sono convinta che ci sono esperienze per le quali vale davvero la pena vivere. Se fossi scesa da Luna al primo raffreddore o la prima tempesta, quella foresta non ci sarebbe più.

Descrivi spesso la tua esperienza come qualcosa che ti ha dato forza, amore e consapevolezza. Puoi spiegarcelo?
Sì, della forza abbiamo già parlato. Noi diamo per scontate tante cose, dall’acqua calda alla doccia la mattina, dai vestiti al cibo. Quando non ce li hai acquisti una forza che non avresti mai pensato di avere. Stando sopra Luna dipendevo dagli aiuti che mi arrivavano dagli amici. E’ stata quindi un’esperienza di amore, perché era proprio questo, qualcosa di spirituale che cercavo. Quando sono salita sulla piattaforma e pensavo che sarebbe stato per due settimane, non sapevo nulla di ecologia o del gruppo che si occupava di quella foresta. Non ero certo un’ecologista. Ho acquistato poi consapevolezza di quello che accade nel mondo ed ora sostengo anche la causa antinucleare e quella per i popoli nativi d’America.

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E ora ecco un libro che vi insegnerà a scegliere l’albero giusto e a costruirvi la vostra capanna, ovviamente sempre nel rispetto dell’albero!

Capanne e rifugiIl succo del libro: Quante volte avrai sognato di avere una piccola casa tutta per te. Osserva e impara dalle tecniche che diverse popolazioni nel mondo hanno usato per secoli. Il tuo sogno si realizzerà prendendo la forma di una capanna canadese, di un pipocaki lappone o di un tepee indiano. Non resta che guardarsi intorno e scegliere il posto più adatto. L’autore: RENÉE KAYSER. Il testo, scritto con grande chiarezza e precisione, conduce passo dopo passo alla realizzazione delle costruzioni descritte e rappresentate nelle illustrazioni.
L’illustratore: PIERRE BALLOUHEY. Le immagini, tutte a colori e di buon livello tecnico, sono funzionali alla realizzazione delle costruzioni e illustrano tutte le difficoltà che i giovani lettori possono incontrare nel prepararsi un rifugio tutto per sé.

Dicevamo che gli alberi della California si prestano particolarmente per la costruzione di capanne, ma anche in Italia c’è chi se ne occupa, anzi, chi ha fatto del vivere inAppleMark simbiosi con le piante una filosofia di vita. Si tratta del Progetto WA: per una architettura albero-centrica, teorizzato da Thomas Allocca, cui lascio la parola: “WA nasce nel maggio 2003 con il sito www.wooden-architecture.org per la promozione degli alberi e del legno come risorse naturali per eccellenza dell’architettura sostenibile. WA non ha inventato nulla di nuovo ma il suo punto di vista ha lanciato una nuova passione per un rinascimento dell’architettura in legno non tanto come una affascinante moda ma come la più saggia occasione di fare architettura in armonia scientifica e simbolica con la natura, un nuovo modo di concepire l’architettura in legno come architettura arborea, architettura albero-centrica, una nuova visione energetica dell’architettura in legno per antropizzare la natura senza che la natura se ne accorga, per correre sempre più forte e velocemente verso nuove frontiere dell’abitare, ma sempre con la saggezza e l’umiltà di stare un passo indietro alla natura, al massimo correrle fianco a fianco.” Il sito e le sue teorie meritano senz’altro una visita!

Se volete vedere altre immagini o sapere come fabbricare la vostra capanna sull’albero, eccovi alcuni siti:
http://erewhon.ticonuno.it/riv/rete/capanne/capanne.htm (in italiano)
http://www.lacasasullalbero.it/ (in italiano)
http://www.treehouses.com (in inglese)
www.treehouses.org (in inglese)
www.freespiritspheres.com (in inglese, per ordinare dal Canada delle sfere da appendere ai tronchi, con tanto di letto e frigorifero!)

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